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Piazza San Marco, le Mercerie, Campo San Lio, Campo e Chiesa di San Giovanni e Paolo

Sacco de pagia e maschera de cera

El cadavere del Serenissimo

Che averessi zurà certo e certissimo

C h’el fusse là in te l’aria e in te la ciera.

Come avveniva per qualsiasi cerimonia religiosa e civile, il funerale del doge si svolgeva negli spazi urbani della città, dove sfilavano in corteo gli apparati politici, civili e religiosi atti a glorificare il mito di Venezia.

Organizzato dalla Signoria il rituale funebre seguiva regole ben precise dettate dai protocolli seguiti in maniera esemplare. La sua morte veniva annunciata da nove rintocchi delle campane del campanile di San Marco seguiti da quelle dei campanili di tutta la città.

Mentre la famiglia del doge si preparava alla veglia funebre, vestendo il lutto, la Signoria rompeva i sigilli, i simboli del doge e si vestiva di scarlatto a sottolineare che il doge era morto, ma non così la Signoria. Trascorsi tre giorni dalla dipartita, durante i quali il corpo imbalsamato veniva esposto nella Sala del Piovego, si procedeva al funerale solenne.

La bara con il doge deceduto veniva issata sul catafalco in modo da essere ben visibile a tutti. Davanti alla chiesa di San Marco, per omaggiare il clero, la salma veniva alzata nove volte dai marinai che gridavano Misericordia. Questo sollevamento veniva chiamato il salto del morto.

Si procedeva infine in processione verso la chiesa di San Giovanni e Paolo che a partire dal 1500 circa fu scelta per celebrare i funerali dei dogi. Dopo la sepoltura del doge si nominavano tre Inquisitori, che avrebbero valutato il suo operato. In caso di illeciti gli eredi dovevano riparare il danno di tasca loro. Così facendo la Serenissima si assicurava la maggior onestà possibile dal suo massimo rappresentante.

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