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La Scuola Grande di San Rocco

Con l’arrivo della peste in Europa, Venezia fu la prima a suggerire soluzioni efficaci per circoscriverne la diffusione. Istituì un Magistrato della Sanità molto efficiente che adottò misure di isolamento consone a prevenire i contagi e rilasciò i primi passaporti sanitari utili a tracciare gli spostamenti dei mercanti e dei viaggiatori.

Durante le numerose pandemie che la colpirono, la città optò per una collaborazione con alcune confraternite laiche che la affiancarono per una migliore gestione della sanità pubblica. La Scuola Grande di San Rocco fu una delle istituzioni più attive che si distinse per le sue opere caritatevoli nei confronti dei poveri e degli ammalati. In tempo di peste si prendeva cura degli appestati come aveva fatto San Rocco che fu adottato come loro santo patrono.

Dopo l’inaugurazione della nuova sede, i confratelli assegnarono la decorazione interna dell’edifico a Jacopo Robusti, detto il Tintoretto. Il pittore dipinse il ciclo pittorico seguendo un programma iconografico ben preciso, forse dettato dai confratelli dalla Scuola stessa. Nella sala dell’Albergo descrisse la passione di Cristo mentre nella sala capitolare e al piano terra si dedicò alle scene del Vecchio e Nuovo Testamento

In queste scene religiose emerge la volontà dei confratelli di farsi promotori di una politica assistenziale che aveva come obiettivo la salvezza del corpo e dell’anima. La sola preghiera però non era sufficiente per raggiungere questo traguardo, quindi per guadagnarsi il paradiso i confratelli dovevano operare attraverso opere di bene. I danari ricavati dai lasciti testamentari e dalle elemosine venivano utilizzati per scopi umanitari.

In questo modo la Scuola Grande di San Rocco dimostrava di essere parte attiva ed integrante della società veneziana. Il percorso di fede cristiana, intrapreso dai suoi confratelli, era il frutto di un programma che promuoveva il benessere e la cura di coloro che ne avevano più bisogno.

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