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Piazza San Marco, la Libreria Marciana, le Mercerie, Campo Manin, Campo San Maurizio, Palazzo Pisani

Nel ‘300 e ‘400 anche a Venezia i monaci benedettini e i frati domenicani erano i maggiori produttori di codici miniati che arricchivano le loro biblioteche, spesso inaccessibili ad un pubblico laico. Nella produzione di libri lavoravano anche categorie specializzate come i cartolai ed i librai, il cui operato veniva controllato direttamente dai religiosi.

In quel periodo i libri erano ancora pochi, ma venivano utilizzati da notai, cancellieri e maestri per il loro lavoro. Ciò portò ad un incremento delle scuole ed il tasso di alfabetizzazione a Venezia aumentò e quelle più importanti si concentrarono a Rialto e a San Marco.

La diffusione libraria crebbe rapidamente con l’avvento della stampa tanto che in città si pubblicava un libro al giorno.Tra i testi pubblicati, anche in lingue diverse, vi erano gli argomenti più svariati e non mancavano quelli proibiti o messi all’indice. Oltre duecento tra librai e stampatori lavoravano in area marciana e tra le botteghe esistenti, una delle più famose, era quella di Aldo Manuzio, il primo editore che pubblicò libri in corsivo ed in ottavo.

Accrebbero in questo modo le biblioteche private dei patrizi e dei cittadini che le usavano come circoli culturali e le aprivano ad un pubblico ristretto di amici. In questo panorama culturale si sentiva l’esigenza di una biblioteca pubblica, che non tardò ad arrivare. La Serenissima ne costruì una, la Libreria Marciana, in Piazza San Marco per ospitare la collezione di codici che il cardinale Bessarione aveva lasciato a Venezia.

Nei secoli successivi le biblioteche private aumentarono di numero perché i nobili costruirono nei palazzi luoghi appositi per ospitare le loro collezioni. Con la caduta della Repubblica molte di queste raccolte vennero distrutte o vendute e solamente una piccola parte viene ancora conservata in biblioteche pubbliche e private.

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